Ingresso

Unitamente col Gruppo Speleo Alpinistico del Vallo di Diano e il Gruppo Speleosub Salernitano, ai quali si sono successivamente aggiunti rappresentanti del Gruppo Speleologico CAI Napoli e del Gruppo Speleologico Vespertilio – CAI Bari, abbiamo rivisitato alcune delle cavità presenti nell’area compresa tra i Piani d’Ischia e il Piano Acquenere, la cui esplorazione era stata interrotta da decenni, soprattutto a causa delle acque che scorrono temporaneamente o perennemente in alcuni tratti. In particolare, le prime immersioni speleosubacquee hanno avuto esito positivo, consentendo di avviare l’esplorazione della Sorgente Acqua delle Giumente (Cp 1472) e quella del ramo sommerso della Grotta della Sorgente Acqua della Madonna (Cp 561), poco più a monte (nella foto di Umberto Alfieri, il passaggio in una strettoia nella Ventara dello Spino dell’asino).

Più a sudovest, in prossimità di una dorsale denominata localmente Spino dell’asino, sono state esplorate due cavità poco distanti tra loro, al punto da ipotizzarne il collegamento, le quali, sebbene la loro esistenza fosse stata già notata e perfino segnalata al catasto regionale delle cavità artificiali, erano finora rimaste inviolate, l’una perché ostruita e l’altra perché completamente allagata. La prima è un inghiottitoio attivo, chiamato Ventara dello Spino dell’asino (Cp 1476), situato al termine di un sinuoso alveo torrentizio che si approfondisce gradualmente verso valle, fino a sparire in una larga apertura alla base di una paretina calcarea. All’esplorazione hanno preso parte Raffaele Coiro, Aristide Fiore e Rocco Pignata (Gruppo Speleo Melandro), Umberto Alfieri e Michele Angellotti (Gruppo Speleosub Salernitano) e Renato Ricco (Gruppo Speleo Alpinistico del Vallo di Diano e Gruppo Speleosub Salernitano).

Rilievo topografico della grotta
Rilievo topografico: pianta e sezioni (elaborazione grafica di Aristide Fiore).

Questo inghiottitoio (il termine “ventara” è infatti riferito in queste zone a questa tipologia di cavità), si estende prevalentemente da NO a SE, con andamento suborizzontale, per 65 metri, raggiungendo circa 15 metri di profondità. L’ampio ingresso, diviso in due da un blocco di roccia, è invaso da un cumulo di detriti rocciosi, terrosi e vegetali che occorre aggirare in senso antiorario. Alla sua base, la rimozione dei detriti in uno stretto passaggio rasoterra, ancora ingombrato da un masso che è stato possibile spostare solo quanto basta per consentire la prosecuzione, ha permesso di esplorare una cavità finora ritenuta inaccessibile. Dopo una nuova strozzatura si accede a una saletta dalla volta abbastanza alta, col lato sinistro ingombro di massi, alla quale succede una galleria rettilinea diretta a SE, di altezza variabile. Nel punto in cui la volta si abbassa di più è stato necessario scavare nei depositi terrosi. Verso la fine di questo tratto si incontrano due piccoli camini paralleli in sequenza, subito dopo i quali la conformazione della roccia determina un brusco dislivello di 2-3 metri, alla base del quale si trova una pozza d’acqua alimentata da un modesto flusso proveniente da una fenditura. Ci si trova in una sala di circa 12 metri per 3, con un’altezza massima di 4,5 metri, che costituisce l’ambiente più grande della grotta. Uno scivolo ingombro di detriti caratterizzato dal progressivo abbassamento della volta immette in un basso cunicolo con orientamento S-SW, che è stato necessario disostruire, al termine del quale si trova una saletta riempita di terra al punto di non consentire l’individuazione di un ulteriore passaggio. Alcuni rifiuti (copertoni d’auto, un tubo di plastica e una bottiglia di vetro), trasportati dall’acqua prima che l’ingresso venisse ostruito, sono stati rimossi e depositati nel più vicino punto di raccolta.

Liberando un tratto di grotta
Liberando un tratto di grotta dai detriti (foto di Umberto Alfieri).

L’altra cavità (“Grotta della CO2”) corrisponde a una sorgente situata poche decine di metri più in basso, dalla quale l’acqua sgorga dopo aver superato un dislivello positivo di almeno una decina di metri, la cui esplorazione è stata interrotta dopo aver individuato una probabile prosecuzione alla base dello scivolo iniziale, avendo riscontrato carenza d’ossigeno dovuta forse all’accumulo di detriti organici in un ambiente di proporzioni modeste non ventilato. Anche qui si sono resi necessari lavori di disostruzione. Si sta valutando in che modo proseguirne l’esplorazione, confidando anche nella forza dell’acqua, nell’eventualità che vi fosse davvero un collegamento con l’inghiottitoio sovrastante.

Nella faggeta dopo l'esplorazione
Nella faggeta dopo l’esplorazione (foto di Umberto Alfieri).